Solo et pensoso i più deserti campi

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vecchio_red
view post Posted on 14/2/2010, 08:38




Solo et pensoso i più deserti campi


Solo e pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché ne gli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi;
sì ch’io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né si selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.

Il tema è la solitudine dell'amante in un paesaggio deserto che egli percorre pensieroso. Quale paesaggio? Esso resta indeterminato. I suoi elementi vengono accennati solo con dei plurali generici: v. 1, vv. 9-10, v. 12. Esso costituisce, senza né un luogo né un tempo preciso, la scena di un avvenimento più interiore che esteriore, che non è unico, ma al di fuori del tempo, ha quindi la ripetitività di un fatto primordiale come avviene per lo più nella lirica. Il fatto si manifesta come monologo, che prende lo spunto da un dolore imprecisato, una malinconia, di cui si sa soltanto che si tratta di una fuga dagli uomini, di una gioia che si è spenta, di un intimo ardore. Paesaggio indeterminato, dolore indeterminato, questo in fondo è tutto. Tuttavia si vede come ambedue siano legati l'uno all'altro. Solo la natura solitaria sembra poter comprendere la malinconia dell'amante e potergli offrire protezione e sicurezza. Così sembra, ma la realtà è ben diversa. Anche nella natura egli incontra l'amore a cui non può sfuggire (strofa IV). L'impossibilità di scampo interiore è anche esteriore. La natura incline all'ascolto e alla comprensione non può essere d'aiuto. Pur essendo l'unico luogo, in cui l'amante può meditare con se stesso, essa non lo sottrae alla sua pena. Tutte le tappe del monologo sono gesti del corpo, ancora una volta un camminare. Per tutto il sonetto dura questo lento camminare, anche se vi si accenna solo con poche parole. Lo schivo spiarsi attorno della prima strofa è accordato ad esso, come il colloquio con Amore alla fine, ed anche le riflessioni nelle strofe centrali avvengono durante il cammino. Così il sonetto è un unico andante - il termine è inteso tanto contenutisticamente quanto in senso musicale - ed è un esempio della cura con cui il Petrarca riusciva a mantenersi nel campo espressivo prescelto. Condizione psicologica, atteggiamento corporeo, paesaggio sono in completo accordo fra di loro, ed è difficile a dirsi che cosa si imprima più profondamente nella memoria, se il passo misurato o lo stanco sconforto, perché ambedue sono una cosa sola ed esprimono quella compenetrazione di anima e oggetto che è un privilegio della lirica.
Stilisticamente il sonetto è costruito secondo la legge del raggruppamento a due. Due aggettivi simili lo introducono, altri due sono alla fine del secondo verso, e ancora nel v. 12: «solo e pensoso... passi tardi e lenti... aspre vie né selvagge». Il doppio ritmo è in questi casi più importante delle varianti di significato. Anche i sostantivi che si susseguono nei vv. 9-10 sono a gruppi di due. I periodi nella prima e nella seconda strofa comprendono rispettivamente due membri suddivisi sulle due coppie di versi. Tutto il sonetto si muove così in una simmetria ondeggiante. La malinconia del contenuto, la dissonanza che viene a manifestarsi fra l'io e la natura si sciolgono in un'armonia equilibratrice. Ciò che sembra essere in opposizione si riconcilia nella simmetria. Il testo canta un dolore e lo placa nell'arte.
 
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